CastelliDiCarta

Perché un concorso?

Abbiamo voluto un concorso letterario prima di tutto perché siamo curiosi. Curiosi di conoscere chi scrive nell'ombra, sapere le storie che racconta. Il concorso letterario «Castelli di carta», alla ricerca di un suo carattere che non ‘pestasse i piedi’ ad altre iniziative del genere, impone due limitazioni ai concorrenti: da una parte, il numero di battute che confina le composizioni ammesse al concorso in un genere, il ‘racconto in bottiglia’ appunto. Poi c’è il tema: una sorta di gabbia contenutistica ulteriore, che oltretutto complica l’impresa della composizione ridotta. La fantasia potrà aiutare i concorrenti, per scrivere e limare il proprio racconto. Scrivere breve è un’arte. Ne sanno qualcosa gli studenti bolognesi di Umberto Eco, che negli anni Novanta erano costretti a esercitazioni di riduzione a oltranza di racconti o romanzi, da scrivere prima nella metà dello spazio, poi in un quarto e così via; fino a giungere ai racconti ridotti a una frase. Di quelle esercitazioni rese poi conto un bel libretto, Povero Pinocchio, edito più di dieci anni fa da Franco Cosimo Panini, quello delle figurine. E ne saprà qualcosa anche il giornalista-scrittore Gabriele Romagnoli, quello che qualche anno prima inventò in Italia il genere del racconto brevissimo, pubblicando le sue Navi in bottiglia, racconti in miniatura, forse facili da leggere ma certamente difficili da scrivere. La brevità richiede precisione ed essenzialità espressiva, capacità di cogliere la sostanza e il nocciolo duro, la forza di non indugiare nel superfluo ininfluente. Scrivere breve è un’arte. Lo sa bene l’estensore di questo testo, che alla fine della frase conterà 1729 battute, spazi compresi, come i racconti dei «Castelli di carta».

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